La trilogia della frontiera

“Vivo in un mondo di merda, questo sì ma sono vivo e non ho più paura”

Quando io e mia sorella eravamo bambine guardavamo sempre la televisione con mio padre che a quei tempi aveva ancora il monopolio del telecomando. Per lo sport, d’obbligo era guardare il Giro d’Italia con annesso Tour de France (li guardo ancora), poi c’era l’automobilismo (morto Senna ho smesso) e naturalmente il calcio (non lo seguo più). I film si guardavano solo quelli in costume (io andavo pazza per quelli ai tempi dell’Impero Romano) quelli di guerra (questi mi piacciono ancora, cazzo) e poi c’erano i film western. Mia sorella quando c’erano i film western si alzava e andava nella sua stanza, io rimanevo, cercavo di farlo sentire meno solo e di non pensare “Se avessi avuto un figlio maschio” ma ora posso dirlo “A me i western – italiani o americani – non piacciono”  forse perché è un ambiente poco femminile oppure ci sono gli indiani i poveri sfigati di turno insomma mi annoio mortalmente.

“La trilogia della frontiera”di McCarthy è ambientato a confine tra il Texas ed il Messico ed è pieno di cowboy, cavalli, mucche, deserti, lupi e donne, naturalmente tutte belle che fanno innamorare perdutamente i poveri cowboy solitari. In certi punti con frasi del tipo, lui guarda la lupa, la lupa guarda lui e il cavallo guarda entrambi, ecco mi sono ricordata di qualche scena quando Clint Eastwood guardava la sua vittima ed io bambina speravo “Marò, ma quanto tempo dobbiamo aspettare? Tanto hai deciso che lo ammazzi! Spara”.

“Cavalli selvaggi”il primo della trilogia ed è molto bello, secondo me il migliore dei tre, nel secondo“Oltre il confine” la noia inizia a farsi sentire e nel terzo“Città della pianura” quando il protagonista s’innamora della prostituta si capisce come andrà a finire, cazzo l’aver visto i film western serve a qualcosa o no? Con questo non voglio dire che non vale la pena leggerlo, anzi e poi secondo me McCarthy ha riportato l’essere umano con questa trilogia a quel periodo dove morire era normale e dove la natura umana esce fuori con tutta la sua crudeltà perché bisogna solo maledettamente sopravvivere, come quando si sta in mezzo ad una guerra e bisogna non farsi uccidere perché cazzo si vuole tornare a casa anche se una casa non c’è l’hai.

Alla noia provata in qualche parte del libro potrei anche rispondere con una ricerca pubblicata nel 2009 svolta da un equipe di Jeffrey Zacks della Waschingorn University di St. Louis in Missouri che ha effettuato una risonanza magnetica funzionale su dei volontari che leggevano o guardavano un film, ha scoperto che le zone celebrali attive nelle situazioni reali si accendono quando un personaggio di fantasia si trova in situazioni simili. Il cervello, inoltre, risponde nello stesso modo sia ad una storia scritta sia ad un film d’azione realistico. Cosa ci fa identificare così tanto con i personaggi di fantasia? Paul Zak della Cleremont Graduate University in California pensa che la chiave di tutto ciò sia l’ossitocina, un’ormone prodotto durante le esperienze piacevoli come l’allattamento al seno e quindi la variazione dell’ossitocina corrisponde al grado di empatia, ecco tutto questo per dirvi che io sono poco empatica con i cowboy. Credo che questa cosa dovrò dirla una buona volta per tutte a mio padre, cercando di non parlare dell’ossitocina, farò la strategia del sandwich, mettere la brutta notizia in mezzo, quindi dire prima belle parole poi che i film western mi annoiano e concludendo dicendo che grazie a lui ho una preparazione sui film da guerra che in una donna è una cosa rara.

http://www.youtube.com/watch?v=s82i6wUTcMI

10 pensieri su “La trilogia della frontiera

  1. Io ricordo che lessi “Cavalli selvaggi” anni fa, e pensai subito che se Eastwood o i Cohen avessero preso i diritti per il film, sarebbe venuto fuori un capolavoro. Qualche mese dopo mi imbattei, in tv a notte fonda, in un western moderno, che dopo qualche passaggio mi si paleso’ come “Cavalli selvaggi”. L’operazione la ricordo fallimentare, con Penelope Cruz nel ruolo della figlia dell’allevatore, e una incerta regia di Billy Bob Thornton. Occasione sprecata, insomma.

    “Oltre il confine” mi e’ piaciuto: e’ assolutamente vero che e’ lento, ma a me il ritmo che gli da McCarthy affascina… tutto quell’andare e venire dal Messico per piste immaginate piu’ che viste, quell’inseguire lupi e banditi, quel crescere e cambiare durante lo scorrere delle pagine e’ affascinante. “Citta’ della pianura” non l’ho ancora letto, so che i protagonisti dei due libri precedenti li’ si incontrano; lo leggero’, prima o poi.

    Barney

    1. Devi completarla la trilogia prima o poi. Non ho mai visto il film “Cavalli selvaggi” e forse non lo guarderei mai però potrei suggerirlo a mio padre!

      1. La trilogia la completo, spero… Il film (che tra l’altro si intitola “Passione ribelle”, ma e’ “cavalli selvaggi”, fino all’ultima virgola :-)) francamente lo sconsiglio a tutti, fuorche’ ai nemici.

        Barney

  2. Ho capito … mio padre si continuerà a vedere i classici del western così non potrà dire “non ci sono più i western di una volta” e poi dovrei anche dargli ragione

  3. A me l’ultima parte di Città della pianura mi ha spezzato il fiato e commosso profondamente. Sì, il film con la Cruz è inguardabile, meglio quello tratto da The Road, seppure non sia proprio un capolavoro. Avevo letto da qualche parte che stanno girando o vorrebbero girare un film su Meridiano di sangue ma poi non mi sono più tenuto informato.

    ciao!

    1. Il film The Road non lo voglio vedere perchè già il libro aveva fatto un effetto “devastante” c’è un bambino di mezzo e starei sempre a piangere … il film su Meridiano di sangue? interessante, il libro mi era piaciuto, speriamo bene

  4. Peccato che in Italia non sia ancora arrivata la serie Hell on Wheels, chissà magari potrebbe piacere a tuo padre, bella storia e bel ritmo. C’era anche Deadwood, purtroppo l’hanno chiusa.

Scrivi una risposta a Barney Panofsky Cancella risposta