Quando ero adolescente ero negli Scout, grazie a questa esperienza ho imparato tante cose tra cui il vero significato della parola “cooperare” poi a non portare i tacchi (con grande dispiacere di mia madre, “le donne basse come te hanno l’obbligo di portarli” diceva, ora si è arresa) ma l’attività che mi piaceva di più era “Il silenzio”. Partivamo all’alba ognuno con un brano, alcune volte di Tagore o Gibran ma anche Il piccolo principe e dovevamo ritornare al tramonto. Eravamo da soli tutta la giornata chiusi nel silenzio. Io scrivevo cose adolescenziali all’ennesima potenza (conservo ancora i racconti, volevo buttarli ma poi ho pensato che fosse meglio tenerli per capire quanto sono evoluta e forse grazie anche a quelle cazzate che ora sono così, sono riletti per quando ho un attimo di disperazione e penso, cazzo sono migliorata!) e quando il mio amico di Andrea mi ha mandato un articolo dell’Internazionale ho sorriso.
Nell’articolo “Per tornare umani” di Andrew Sullivan (scrittore e giornalista britannico) racconta come si è disintossicato dalla dipendenza “internet e blog”. David Foster Wallace ha scritto un libro sulle dipendenze Infinite Jest, giusto per ricordarlo. Questo scrittore britannico ha staccato tutto e si è buttato sulla religione e sulla meditazione, un po’ esagerata questa parte ma se ritrovasse un nuovo equilibrio ben venga, un essere umano meno rompicoglione. Nell’articolo c’è una riflessione: “Fino dall’invenzione della stampa, ogni nuova rivoluzione nel campo della tecnologia, dell’informazione ha scatenato paure apocalittiche. Dalla paura che la lettura della Bibbia in volgare distruggesse l’ortodossia cristiana fino al rifiuto del mezzo barbaro della televisione negli anni cinquanta, ogni volta gli intellettuali si sono stracciati le vesti. Ogni passaggio rappresentava un’ulteriore frammentazione dell’attenzione, che è proseguita con il caleidoscopio un tempo inimmaginabile delle pay-tv alla fine del novecento e oggi con gli spazi infiniti e in continua moltiplicazione di internet. Eppure la società è sempre riuscita ad adattarsi e a cambiare, senza danni evidenti e con qualche progresso. Ecco perché sotto certi aspetti è facile vedere in questa nuova distrazione di massa i presagi di sviluppi negativi” riflessione interessante perché ho appena terminato il saggio “Le rivoluzioni del libro – L’invenzione della stampa e la nascita dell’età moderna” di Elizabeth L. Eisenstein.
Ogni tanto leggo dei saggi, questa volta era quasi un obbligo. Dopo aver terminato Le perizie non potevo leggere narrativa, dovevo disintossicarmi e cosa migliore può esserci se non un saggio dal titolo così bello?
Il saggio è interessante e potete leggere qui un buon riassunto ma nelle pagine conclusive del libro la Eisenstein scrive con assoluta certezza “Tuttavia mi sembra che ancora sperimentiamo gli effetti contraddittori di un processo che attizzò il fuoco del fanatismo religioso e del bigottismo pur alimentando un interesse nuovo per la concordia ecumenica e la tolleranza; che fissò in modo più permanente divisioni linguistiche e nazionali pur creando una cosmopolita repubblica del sapere ed estendendo la rete di comunicazioni fino ad abbracciare tutto il mondo” e quindi il nostro internet sembrerebbe una conclusione della rivoluzione dei caratteri mobili? E anche con l’avvento della stampa iniziarono gli stessi conflitti che abbiamo con internet e i social network? Allora non è cambiato niente? E quindi non ho niente da preoccuparmi? Gli scenari apocalittici, di cui parla Sullivan, si prospettarono anche con l’invenzione della stampa.
Una volta andai in Albania con un Vescovo e fummo costretti a volare, a quel tempo non ingoiavo i miei rimedi omeopatici per la paura dell’aereo e nel momento del decollo (la fase che manda in panico totale il mio cervello) questo Vescovo fece tutto un discorso sulla grandiosità dell’essere umano. In quel momento avevo tutti i sintomi di una crisi di panico e dovevo salvarmi quindi ascoltai ben poco delle sue parole ma poi dopo l’atterraggio mi rilassai e le sue parole vennero a galla. Il succo del suo discorso era che gli uomini come gli animali si adattano a tutto e fin qui ci siamo, l’evoluzione della specie di Darwin è assodata ma c’è una cosa che ci differenzia dagli animali, la creatività (infatti i vostri amati cani e gatti sono belli e coccolosi ma non sono meglio degli esseri umani) e abbiamo inventato l’aereo e tante altre belle cose ed è proprio nella creatività che si vede la grandezza dell’uomo. Gesù porto nuove parole e non tutti le accolsero con piacere, qualcuno grazie alle sue parole è diventato Comunione e Liberazione ma anche francescano insomma la creatività crea qualcosa ma poi dipende sempre dall’uomo come utilizzarla. Questo fu il riassunto del suo discorso concludendo “Se non ci fosse l’aereo non potremmo andare in un parte sperduta in breve tempo ti pare? Il tempo è un fattore importante nella nostra vita” eh già il tempo e forse è proprio “prendersi del tempo” che potrebbe salvarci.
Sullivan nel suo articolo prende tempo con la meditazione, qualcun altro va in montagna, qualcun altro prova Il Silenzio e qualcun altro fa yoga insomma ognuno di noi mette in campo strategie per difendersi (lasciando stare il parrucchiere o l’estetista quello non è difendersi). Prendersi tempo è stare soli e alimentare i pensieri creativi e stimolare la nostra consapevolezza del qui ed ora!
E torniamo sempre a David Foster Wallace che scrisse Questa è l’acqua in fondo non sono le rivoluzioni a sconvolgere la nostra esistenza tanto già ci pensa il tempo a farlo.
Ora sono pronta per un nuovo libro di narrativa!!!
Leggi che ti fa bene!
Ah certo, almeno darò un nome al decadimento strutturale che affronterò 😉
tutta apparenza, lasciala perdere
Andrew Sullivan e’ uno dei pochi repubblicani che riesco ancora ad ascoltare, misurato, moderato e intelligente (e’ nato in GB ma e’ americano ed e’ pubblicato soprattutto qui). Volevo dirti che mi hai dato una visione inaspettata degli Scouts – che siano quelli italiani ad avere tanta sensibilita’? Qui li identifico con i biscotti che mi tocca comprare dalle figlie dei vicini e con attivita’ di squadra.
Quando guardavamo i film americani e c’erano gli scout vestiti in quella maniera ridicola ridevo sempre. Gli scout italiani sono un po’ diversi ma anche qui dipende sempre dagli educatori che trovi. Io sono stata fortunata altri miei amici no, c’erano gli esaltati per le camminate e arrampicate, altri solo preghiera e Chiesa, altri solo per i nodi! Diciamo che i miei capi erano equilibrati 🙂 e poi quando avevo 12 anni ero innamorata persa del mio capo reparto che poi è diventato il mio capo Clan 🙂 … non conoscevo Sullivan … grazie della precisazione!