Il sogno di una cosa

“Noi siamo nati per lavorare e sacrificarci: è inutile avere idee per la testa!”. Col Nini il vecchio era piuttosto duro, e, per proseguire stavolta si rivolse a Eligio. “Ecco,” disse quasi con intenzione, “se qui in questa famiglia non ci fosse un po’ di religione, a tenerci uniti, a farci capire che il nostro dovere è rassegnarci …” “Rassegnarci a cosa?” lo interruppe Nini.

Ogni volta che sento il nome di Pier Paolo Pasolini tornano alla mente i misteri di questo paese, ah certo non ci siamo fatti proprio mancare niente negli anni della “strategia della tensione”.  Misteri che coinvolgono personalità uniche come Mattei o lo stesso Pasolini oppure misteri dove c’è gente comune, della serie “trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato”, un po’ come la strage di Ustica ed è proprio forse da quel giorno che nasce la mia paura di volare, da quando vidi quel corpo che galleggiava sul mare e interrogato mio padre rispose “E’ una brutta storia” ed è anche una brutta storia la morte di Pasolini.

E mi è venuto in mente Pasolini anche quando è esploso il pozzo petrolifero in America, come al solito, anche dopo 40 anni aveva ragione lui quando scriveva che il petrolio sta salendo dalle viscere, dalle profondità, dalla feccia per insinuarsi nelle arterie, nei tessuti, nel cuore del nostro tempo. E mi faccio certe risate quando vedo questi “giornalisti” contemporanei che scrivono libri o articoli dicendo cose che tutti sanno e che sfortunatamente conosciamo sulla nostra pelle. Si vede come il passato non vale niente in questo paese. Dal mistero di Ustica fu utilizzata quest’espressione “il muro di gomma” ecco questa è l’espressione che utilizzerei anche per la coscienza di noi italiani, nessun dubbio deve entrare nel nostro cervello per smuoverla, tutto deve rimanere immobile.

Scusatemi vi prego, questo è un blog di quart’ordine dove scrivo di libri (e anche male visto che sono un’ignorante) e sono l’ultima persona che dovrebbe parlare di Pasolini e di politica, quindi ritorniamo nei ranghi.

Dopo aver letto negli anni passati il capolavoro “Ragazzi di vita” e gli scritti pubblicati sul Corriere della Sera, mi hanno regalato questo libriccino rosso con un bel titolo “Il sogno di una cosa”. Questo libro è ambientato nelle campagne friulane nel periodo del Lodo De Gasperi (1948-49) ed ha come protagonisti tre giovani. Per favore non facciamo paragoni con il Lodo odierno, quello del 1948 stabiliva i rapporti di lavoro più equi tra proprietari terrieri e contadini, viene quasi da pensare che questo paese in cambio dell’industrializzazione e il benessere per tutti abbia perso parecchio.

Il libro inizia con una festa dove i tre protagonisti si conosceranno e inizieranno un cammino d’amicizia e di solidarietà, cammino che li porterà nella Jugoslavia di Tito (una storia italiana anche questa) oppure davanti ai proprietari terreni, tutto questo per cercare di migliorare la propria condizione e lottare per una vita migliore. Pagine che fanno comprendere la povertà di un pezzo d’Italia e le piccole e essenziali speranze di questa regione. Speranze conservate e “coccolate” dai giovani e dalle donne di quella terra. In questo paese nel tempo si sono modificate anche le speranze?

«Il nostro motto dev’essere dunque: riforma della coscienza non per mezzo di dogmi, ma mediante l’analisi della coscienza non chiara a sé stessa, o si presenti sotto forma religiosa o politica. Apparirà allora che il mondo ha da lungo tempo il sogno di una cosa… » è la frase di K. Marx che Pasolini mette all’inizio di queste 217 pagine. E’ un libro dolce e semplice che racconta il sogno di una rivoluzione da fare senza gesti eclatanti ma da compiere ogni giorno e con dei piccoli gesti. Un bellissimo libro per iniziare a conoscere lo scrittore Pasolini e forse per iniziare a capire per cosa sognare e per cosa lottare e cosa più importante da dove veniamo.

Ma la morte di Pasolini può essere unita al poeta nigeriano Ken Saro-Wiwa ucciso nel 1995 perché si opponeva ai metodi di estrazione del petrolio da parte dell’olandese Shell in fondo anche Pasolini, si dice, fu ucciso perché stava scrivendo qualcosa che aveva a che fare con il petrolio, verrebbe quasi da pensare che non si deve né toccare e né parlare dell’oro nero e se aggiungessimo a questa lista anche Mattei forse non ho scritto una stronzata. Ora Ken Saro-Wiwa ha avuto giustizia dopo tanti anni infatti il processo ha avuto inizio nel maggio 2009, e la Shell ha subito patteggiato accettando di pagare un risarcimento di 15 milioni e mezzo di dollari (11,1 milioni di euro).

E Pasolini? No, lui come tanti altri italiani aspettano ancora e noi aspettiamo di sapere perché e da chi quella notte Pasolini fu ucciso in quel modo così brutale e perché 81 persone non atterrarono a Palermo quella sera di giugno. È proprio vero che l’Italia fa concorrenza alle dittature africane ed aveva proprio ragione il mio docente di Sociologia all’Università quando diceva che l’Italia è il primo paese dei paesi del Terzo Mondo. In Italia quando si è parlato di Ken Saro-Wiwa (monologo alla trasmissione radical-chic di Rai Tre che ritornerà, che ansia!) si è voluto fare il solito monologo autoreferenziale perché in fondo è proprio questa la malattia degli italiani. Cazzo, però non c’è nessuno come Pasolini e questo mi fa sentire molto sola. E come quando vedi Berlusconi e i suoi, poi vedi dall’altro lato … nessuno, tabula rasa. E come quando cerchi ad un concerto una faccia amica e invece ti trovi solo in mezzo a gente rozza e bifolca e ti senti fottutamente solo.

“Io non mi arrendo, mi avrete soltanto con un colpo alle spalle, io non dimentico e nell’indifferenza che un uomo vero muore davvero” sono le parole di una canzone italiana dedicata al poeta nigeriano, ma la canzone potrebbe essere anche di tutti quegli uomini, donne e bambini italiani uccisi per sbaglio o volontariamente e poi nascosti come se fossero polvere sotto un tappeto, ma la polvere entra nei pori e nei bronchi e cazzo fa venire allergie e malattie.

http://www.youtube.com/watch?v=mpaPBCBjSVc

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